Autore: Scarpelli, Lidia
Titolo: Il Rapporto tra occupazione e creazione di valore aggiunto in Italia: una prospettiva territoriale.
Periodico: Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Dipartimento di Studi Geoeconomici, Linguistici, Statistici e Storici per l'Analisi regionale. Working papers
Anno: 2005 - Fascicolo: 35 - Pagina iniziale: 1 - Pagina finale: 9

Fra i fattori della produzione il lavoro costituisce un elemento particolare, poiché ha valenze sue specifiche, le quali, soprattutto in ambito geografico, hanno condotto a considerarlo quale “immobile”, e comunque più immobile rispetto al capitale; anche se tale affermazione è spesso smentita dalla realtà (ne sono una conferma i flussi migratori originati per motivi di lavoro). Esso è per lo più considerato quale pseudo-merce, in conseguenza del fatto che non può essere trattato come una qualsiasi altra merce, proprio per la sua natura particolare. Il fattore lavoro, tra tutti i fattori della produzione, è quello più legato al territorio. In altri termini “…il lavoro non è riconducibile in modo significativo alla regolazione del mercato, proprio perché esso è il principale veicolo di organizzazione dello spazio in territorio e, soprattutto, dal territorio è orientato e qualificato”. Esso è spazialmente differenziato, proprio in conseguenza del suo essere “espressione delle esperienze (di varia natura) e dei valori culturali, strettamente legati all’ambiente”. Inoltre, le stesse strutture produttive domandano un lavoro non solo “quantitativo”, ma più sovente “qualitativo”, legato cioè a talune specializzazioni, che non si trovano distribuite in maniera indifferenziata sul territorio, ma che piuttosto appaiono strettamente ed intimamente legate ai luoghi. Ed ancora, a comportamenti soggettivi nei confronti del lavoro, si sovrappongono ed interagiscono fattori “sociali”, che sono causa ed effetto insieme di relazioni politiche e sociali filtrate attraverso codici culturali propri dell’ambiente del lavoratore. I fenomeni di “conflitto”, di “cooperazione” o di altro, che ne derivano conducono a considerare il lavoro quale fattore che è espressione del territorio. La “rigidità della domanda”, che talora si osserva, deriva dalla necessità di non disperdere capacità accumulate e localizzate, e quindi ancora una volta legate al territorio. Si è affermata negli anni più recenti la “teoria della segmentazione del mercato del lavoro”, fondata sulle esigenze del controllo, sui modelli duali di analisi della produzione e sulle differenze di protezione esistenti tra i lavoratori anche all’interno di una stessa industria, ma in generale è opportuno tenere conto che la fenomenologia del mercato del lavoro è una delle espressioni delle trasformazioni specifiche della struttura della società causate a loro volta dai mutamenti della strutture produttive, della tecnologia e delle valenze socio-culturali. Ne deriva come conseguenza che, nella sana tradizione geografico-economica, è la specificità di ogni singola “formazione regionale” a spiegare i caratteri strutturali di tale segmentazione; il altri termini il lavoro da espressione individuale si trasforma in una “condizione sociale” e, come tale, si inserisce nell’ambiente, o più esattamente nell’ecosistema, di cui ogni individuo fa parte. Con questa premessa, molto più modestamente, il lavoro si propone di esaminare, riguardo al caso italiano, il rapporto esistente tra occupazione e creazione di valore aggiunto. In particolare si è esaminato l’andamento per l’arco temporale 1995-2002, secondo le rilevazioni dell’ISTAT e se ne propone una lettura geografico-economica.


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